Vito Apuleo, Roberto Stelluti. Incisioni
opuscolo della personale alla Galleria “Segno Grafico” di Venezia, febbraio 1973
Non intendo discutere né giudicare (anche perché non ne sarei in grado) le incisioni di Roberto Stelluti sotto 1′aspetto tecnico: tuttavia, mi spinge a parlame la fortissima attrazione the esse (sebbene per via di una lettura da dilettante in questo campo delta grafica) hanno esercitato sul mio occhio, sin da quando certe fotografie, di tutt’altro genere (riguardavano gli affreschi del Trecento nelle Chiese di Fabriano) mi posero in contatto con il lo-ro autore. Sono passati da allora molti anni, e spesso mi sono chiesto a cosa fosse dovuto il fascino di queste immagini fissate sulla lastra metallica e poi trasposte a stampa: la risposta non e facile a dire, ma sono ugualmente tentato di spiegarla. Ci sono due modi di percepire e descrivere il mondo the ci circonda; per alcuni di not la realtà oggettiva costituisce qualcosa di estraneo, distaccato dalla nostra persona, o, meglio, dalla nostra mente, la cui spiritualità ospitata in un corpo caduco, non ha nulla a che vedere con la materia inerte e inanimata dei regni inferiori, animate, vegetate e minerale. Per altri (sono un’esigua minoranza) la mente dell’uomo e soltanto la forma piu alta e piu complessa di un’intelligenza che, alto stato latente, anima tutta la materia, e the per gradi, secondo un processo associativo ed evolutivo sempre piu complesso, ricco, articolato, perviene infine a riconoscere se stessa, ad un livello cioe di autocoscienza.
Per chi la pensa in questo secondo modo, tutto e legato a tutto; not stessi non siamo the una pane di quell’immenso, infinito essere, di cosmica ampiezza, che soltanto not siamo in grado, per la nostra intelligenza autocosciente, di percepire nella sua infinita dimensione spazio-temporale. to sono tra coloro the credono in questa seconda alternativa, e penso anche the qualcosa di essa si rifletta (forse senza the Fautore se ne renda nemmeno conto) nelle incisioni di Roberto Stelluti. Lo suggerisce la rosa dei soggetti di questi fogli (che a me, dilettante, paiono sorretti da on non comune dominio del mezzo tecnico, ai limiti del virtuosismo), il brulicante, disordinato fermento delle discariche si alterna al sussurro frusciante, misterioso e oscuro, dei sottoboschi. In altre immagini, e la natura vegetate che, agonizzante, attende la propria fine, per l’avanzare implacabile di una tecnologia forse orrida nelle apparenze, ma the riflette una piu alta forma di intelligenza e di razionalità . Altro tema di queste incisioni: gli stabilimenti industriali abbandonati (la cosiddetta archeologia industriale) che, si direbbe, hanno il significato delta chiusura di un periodo, di una fase evolutiva, in attesa di venire assorbite e trasformate in una forma piu alta di quella incessante vita, dalla quale nulla sfugge, nulla può sottrarsi, per quella universale legge di perenne mutamento, the conduce la materia ad interrogarsi su se stessa. Anche le strutture lignee del bellissimo Omaggio a Piranesi, net loro infinito, innumerevole innesto prospettico, sono, e veto, i cadaveri di alberi tagliati, ma esse si ricompongono in una trama di assoluta razionalità che li innalza ad un livello dal quale, a sua volta, prenderà Favvio un ulteriore fase dell’incessante, infinita vicenda. Sotto questo aspetto, motto significativi sono dall’Omaggio: sono l’Opificio abbandonato e 11 Convento di Castel d’Emilio. In ambedue, la vitalita della natura riprende possesso degli spazi delimitati dagli agonizzanti, fatiscenti scheletri della fabbrica e della chiesa barocca; una vita, nuova e antica allo stesso tempo, si espande intrecciandosi ai prodotti della mente dell’uomo, si alterna ad essa come due facce di una medesima, misteriosa realty. E’ raro the in queste immagini si presenti la figura umana; essa è piuttosto implicita nei sedimenti, nelle stratificazioni lasciate, come un taglio geologico in quelle splendide testimonianze del tempo passato the sono L’armadio realista (1978), Omaggio a Giorgio Morandi e Oggetti nello studio, ambedue del 1980. Sfasciacarrozze e barattoli vuoti, farfalle nottume e rose canine, girasoli e gamberi, vivi o morti the siano, appaiono legati da un unico, incessante filo, the e quello dell’universale spirituality the anima la materia, the ne costituisce anzi l’essenza vitale, non immessa ma innata, e the solo noi uomini siamo in grado di percepire e di comprendere. Lascio ad altri il commento tecnico e formale dell’opera di Roberto Stelluti, the per me costituisce un’esperienza di rara profondità , di sottile, poetica suggestione. - Dal catalogo della Personate alla Galleria d’Arte Pananti di Firenze, Edizioni Pananti, Firenze 1988