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Roberto Stelluti espone le sue acqueforti alla Galleria dell'Incisione, a Brescia, e la mostra è aperta fino al 23 dicembre. Si tratta di un'esposizione antologica del suo lavoro da super perfezionista che va dal 1971 al 2001. Il suo mondo preferito è quello vegetale, e per me, che guardo intensamente chi fabbrica acqueforti, la sua opera prediletta è quella dei due girasoli distesi su un tavolo in compagnia di un ramarro.


Stelluti è nato, direi fatalmente, a Fabriano, città madre delle carte di lusso per disegnare, nel 1951. Lavora dunque nel paese delle carte da disegno che gli hanno dato notorietà per la bravura assolutamente maniacale di combattere una gara, altrettanto speciale, con la perfezione della natura: come sono fatte le erbe, di quante minuscole perfezioni è fatto un girasole, meandri nei quali Stelluti non si perde mai perché quando incide segue l'attenta lezione che gli sta nella testa: quella di essere somigliante ai modelli scelti. Che possono anche essere scarpe vecchie, magazzini abbandonati, periferie dove sono ammassate carcasse di automobili, rottami d'acciaio che lo attraggono non meno dei girasoli o dei ramarri. Guardando i suoi lavori desideriamo che l'attenzione con la quale lui ha guardato crescere e disseccarsi foglie e girasoli continui, perché una delle consolazioni per noi che guardiamo esistere la bellezza è che non muoia, o al massimo stia seccando perché l'autunno alle porte le può dare un aspetto ancora più ricco, come avviene anche per il frutto chiamato, da me infame lombardo, alchichinger, mentre Stelluti lo chiama impeccabilmente Alchechengio.


Qui mi arrendo, perché la mia cultura si limita a raccontare cosa le piace e quali siano le attrazioni in questo mondo ormai destinato a perdersi per altre strade, dove la perfezione di ritrarre è considerata una bravura da poco.

Giorgio Soavi
La poesia del dettaglio

«AD», n°247,
dicembre 2001,
pp. 26-28

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